Commento al Vangelo di Domenica 11 Agosto 2024
Il pane della speranza
Elìa viene raggiunto dalla minaccia della regina Gezabèle che giura vendetta per la morte dei suoi profeti sterminati per mano del Tisbìta. Sentendo la sua vita in pericolo, Elìa fugge verso il deserto per salvarsi dalla morte violenta ma, dopo appena una giornata di cammino, si arrende e si ferma attendendo la morte. Il profeta sente di non avere più nulla da offrire se non la sua vita che offre al Signore. All’ombra di una ginestra viene colto dal sonno perché stremato dalla fatica e dalla tristezza.
L’angelo del Signore porta a Elìa del cibo invitandolo ad alzarsi e a mangiare. Il profeta accetta il dono di Dio ma poi torna nuovamente a rifugiarsi nel sonno, segno che la paura e la rassegnazione hanno ancora il dominio su di lui.
È necessaria una seconda visita dell’angelo che spiega il perché di quel cibo. Esso, infatti, non è dato semplicemente per accompagnarlo fino al tempo della morte ma per sostenerlo nel cammino verso il monte Oreb, dove Dio ha la sua dimora. Come Israele nel deserto, così anche Elìa, è provato dalle difficoltà e si ferma. Dio si fa prossimo e dona l’alimento necessario per continuare il cammino incontro al Signore.
Il cibo è segno di speranza che anticipa il fine del cammino della vita che non finisce con la morte ma con l’esperienza della intimità familiare. L’angelo è immagine di Dio che non abbandona i suoi figli perché abita il loro deserto, la condizione di aridità, scoraggiamento e mortificazione per offrire loro il pane della fraternità e l’acqua della consolazione.
Il pane del cammino
Elia fugge dalla regina Gezabele che vuole ucciderlo. Il profeta, stanco del cammino, vorrebbe morire piuttosto che cadere nelle mani degli uomini. Si ferma deciso a lasciarsi andare lentamente alla morte ma l’angelo del Signore gli offre il nutrimento di cui ha bisogno. Egli pensa che sia il sostentamento necessario in attesa dell’arrivo del Signore ma in realtà il secondo intervento dell’angelo gli spiega che Dio gli manda il pane del cammino, che è ancora molto lungo, affinché giunga alla santa montagna.
Questa pagina dell’Antico Testamento fa da sfondo a quella del Vangelo nella quale è messo a tema l’identità di Gesù e la sua missione. Di lui la gente mormora perché conoscono le sue origini e non accettano che lui si presenti come l’inviato di Dio. In verità, Gesù non è solamente un angelo che offre il pane di Dio, ma egli stesso è il Pane della vita che il Padre dona ai suoi figli perché il loro cammino giunga a compimento e non si perdano per strada.
Dio aveva mandato i profeti a istruire tutti sul suo progetto d’amore grazie al quale la vita, anche se appare come un vicolo cieco o un deserto arido e senza senso, diventa un vero pellegrinaggio verso la «santa montagna». Meta del cammino di Elia è il monte di Dio e termine del pellegrinaggio di Gesù e di coloro che lo seguono è la risurrezione. Il culmine del cammino è il sacrificio della propria vita che inaugura la vita eterna e la totale comunione con il Signore.
Dalla storia di Abramo in poi siamo consapevoli che, come dice la lettera agli Ebrei, non abbiamo qui una dimora fissa, ma siamo pellegrini sulla terra verso il Cielo. La risurrezione di cui parla Gesù non è un evento puntuale ma un dinamismo attraverso il quale si diventa figli di Dio. L’Eucaristia ci apre un orizzonte di luce mentre percorriamo sentieri spesso bui e impervi dei quali non intravediamo la conclusione.
Nell’Eucaristia Dio discende dal cielo per farsi nostro nutrimento e sostegno nel cammino della vita. La via dell’uomo diviene la via di Dio perché la Sua vita diventi la nostra. In questo modo il pellegrinaggio terreno della vita diventa un cammino «nella carità» che punta direttamente al Cielo.
Nella tradizione biblica l’immagine della via o del cammino è associata alla Legge. I comandamenti garantiscono una condotta di vita retta. Ma questo non basta. Anche Elia, profeta integerrimo, ha sperimentato il dramma della malattia dell’anima che porta a desiderare la morte piuttosto che la vita. Gesù non è solo la «via» che conduce al Padre ma anche il «pane della vita» che ci permette di progredire nella carità superando tutti gli ostacoli e le prove che incontriamo lungo il cammino.
Non è sufficiente sapere cosa sia il bene e come farlo ma è necessario anche volerlo realizzare e perseverare nella carità. La fede mi fa conoscere la meta, la speranza mi sostiene nel cammino, la carità mi fa progredire nella santità e mi fa amare «nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore».
(Commento a cura di Don Pasquale Giordano)