Cambiare non è facile. Se da una parte il cambiamento ci affascina, suscita in noi di solito anche paura e disagio. Tendiamo a rimanere nelle nostre comfort zone persino quando ci rendiamo conto che non stiamo bene: preferiamo un’abitudine sicura piuttosto che una novità sconosciuta. Il cambiamento però fa parte della vita e in certi casi opporsi al cambiamento significa morire. Il primo passo, dunque, per fiorire è quello di accogliere la possibilità, riconoscere quello che va cambiato: «ciò a cui opponi resistenza – diceva Jung – permane, ciò che accetti, invece, può essere cambiato». Spesso passiamo la nostra vita a difenderci invece di percorrere la strada che si apre davanti a noi.
Anche le letture di questa seconda domenica di Avvento ci parlano di cambiamento e di possibilità. Giovanni Battista invita infatti a cambiare modo di pensare: convertitevi (metanoeite)! E questo invito ha un motivo: non cambiamo per il gusto di cambiare, ma per aprirci alla novità, per fare spazio a qualcuno che vuole venire nella nostra vita per renderla più bella: «Il Regno di Dio è vicino!».
Con l’espressione «regno di Dio», Matteo indica Dio stesso. Egli è vicino. E questa vicinanza non è solo temporale, ma relazionale. È temporale nel senso che in ogni momento Dio viene nella nostra vita in tanti modi: san Bernardo parlava di tre venute del Signore, quella nella carne, quella alla fine dei tempi e quella nello Spirito, perché Cristo continua a raggiungerci nel cuore. La vicinanza è anche relazionale, perché Dio ci sta dicendo, proprio come diciamo a un amico o a una persona che soffre: «io ti sono vicino», ci sono nella tua vita, sento quello che stai vivendo, voglio accompagnarti. Questa vicinanza è la ragione del cambiamento.
Giovanni Battista, da vero profeta, vive innanzitutto nella sua vita questo cambiamento. I suoi gesti sono rivoluzionari. Sono gesti di rottura. Egli si allontana dai luoghi del potere: per annunciare il Regno non si colloca negli spazi della visibilità del Tempio, ma si nasconde nel deserto. Ciò che deve risuonare è la Parola nella voce. Giovanni fa la sua rivoluzione spogliandosi degli abiti sacerdotali, a cui aveva diritto come figlio di Zaccaria. Si spoglia del ruolo, perché altrimenti non potrebbe parlare autenticamente di cambiamento. Rischierebbe di ripetere l’ipocrisia dei farisei. Se vogliamo dare forza al nostro messaggio, dobbiamo sempre chiederci prima di tutto cosa sta dicendo la nostra vita.
Giovanni si ritira nel deserto anche perché quella era stata l’esperienza fondamentale di Israele. Il deserto richiama la terra arida dell’adama, della creazione: si tratta di ricominciare in modo nuovo. Si mette a battezzare al Giordano, che nella memoria di Israele era il luogo dell’ingresso nella terra promessa: ora il popolo si trova davanti a un nuovo inizio, ma come continua ad accadere oggi, non sempre siamo capaci di vederlo. Il cambiamento comporta sempre dei rischi: chi pretende di avere tutto chiaro fin dall’inizio, non intraprende in genere nessun percorso di cambiamento. Anche il Battista non comprende tutto. Si accorgerà di non aver capito tutto di Dio. Alcune cose lo turberanno, lo metteranno in questione, dovrà chiedere, dovrà continuare a cambiare.
A volte rischiamo di affrontare in modo molto semplicistico le nostre istanze di cambiamento. Il cambiamento vero non è a buon prezzo: la gente va effettivamente da Giovanni, ma egli li rimprovera. Come mai? Possiamo intuire che forse le persone che accorrevano non avevano maturato un vero e proprio desiderio di cambiamento, forse era solo superficiale, un desiderio velleitario, una moda, magari tanta gente stava andando al Giordano e molti ci si sono ritrovati per caso. La conversione è una maturazione profonda e consapevole di un vero cambiamento.
Il cambiamento a volte assume dei tratti paradossali, ci sembra impossibile, ci fermiamo davanti a quello che ragionevolmente sembra impensabile. Isaia ci propone in questa domenica proprio delle immagini paradossali: il lupo con l’agnello, il leopardo con il capretto, il vitello con il leoncello…un lattante che gioca con i serpenti! L’impossibile è sempre il segno della presenza di Dio. Davanti a molte relazioni, a tante vicende dolorose, non ci aspettiamo più niente, perché razionalmente sarebbe impensabile un cambiamento, una riconciliazione, una novità. Oggi Isaia continua a invitarci a credere nella potenza di Dio: la nostra salvezza è in un piccolo germoglio, indifeso, esposto alle intemperie. Convertirsi vuol dire aprire la mente e il cuore a questa novità di Dio che ci sembra, comprensibilmente, paradossale e impossibile!
Leggersi dentro
- Dove ti sembra che il Signore ti stia chiamando a un cambiamento?
- Quali sono i tuoi modi di pensare che ostacolano la tua conversione?
(Commento a cura di Padre Gaetano Piccolo)